COSA SPINGE UN LAVORATORE AD ANDARSENE?
Sempre più spesso, i lavoratori decidono di dimettersi dal proprio posto di lavoro. Le motivazioni che portano a questa scelta possono essere diverse e complesse.
In alcuni casi, la decisione è motivata da fattori economici. Il lavoratore potrebbe aver trovato un’offerta di lavoro con un stipendio più alto o con migliori condizioni lavorative. Oppure, potrebbe aver deciso di avviare un’attività in proprio.
In altri casi, la decisione è motivata da fattori non economici. Il lavoratore potrebbe essere insoddisfatto del proprio lavoro o del proprio ambiente lavorativo. Potrebbe sentirsi sottopagato, non valorizzato o non stimolato. Oppure, potrebbe avere problemi con i colleghi o con i superiori.
Sempre più frequentemente, le dimissioni sono causate da un malessere emotivo. Il lavoratore potrebbe sentirsi stressato, frustrato o esaurito. Potrebbe soffrire di burnout o di ansia lavorativa.
In alcuni casi, la decisione di dimettersi è dovuta a motivi personali. Il lavoratore potrebbe aver bisogno di più tempo per la famiglia o per se stesso. Oppure, potrebbe dover trasferirsi per motivi familiari o di salute.
Qualunque sia la motivazione, la decisione di lasciare un posto di lavoro è sempre importante e delicata. È importante valutare attentamente tutti i pro e i contro prima di prendere una decisione definitiva.
Le motivazioni legate alla persona
Tra le motivazioni legate alla persona, possiamo per esempio citare:
- il cambio di stile di vita: per esempio l’andare a vivere altrove o il volersi dedicare maggiormente alla famiglia, a sé stessi, alle proprie passioni;
- eventi improvvisi in cui mai nessuno vorrebbe incorrere ma che purtroppo accadono: un doversi vedere costretti ad assistere un famigliare o una malattia invalidante che impedisce al collaboratore stesso di continuare a lavorare alle attuali condizioni;
- scelte differenti maturate nel tempo e legate a nuove priorità, nuovi interessi, nuovi valori, nuovi e differenti obiettivi professionali non più conciliabili con l’attuale posizione, ruolo, azienda;
- il pensionamento, alcuni magari vorrebbero continuare a lavorare “come se niente fosse cambiato”, altri ancora a lavorare ma trasformando la loro attività professionale primaria in una accessoria e occasionale (e non tutte le aziende permettono liberamente al collaboratore di scegliere);
- la decisione di diventare freelance ed aprire un’attività in proprio;
- la concorrenza che spesso è più attraente, perché offre proprio quelle opportunità che l’azienda in questione non è riuscita o non ha voluto dare al collaboratore.
A meno che non siano fin dall’inizio decisioni perentorie e non negoziabili, nella maggior parte dei casi, la decisione di andarsene subentra dopo che non si è riusciti a trovare un accordo con l’azienda e a ridefinire le attuali condizioni di collaborazione.
Le motivazioni legate al posto di lavoro
Tali motivazioni sono principalmente legate a una serie di accadimenti e cambiamenti che subentrano nel tempo e che possono portare un lavoratore a decidere, più o meno liberamente, di non accettarli/subirli e quindi di volersene andare.
Tra queste possiamo per esempio citare:
- cambiamenti legati al contratto di lavoro, quali il ruolo e la mansione svolta o al contrario promesse non mantenute rispetto a cambiamenti attesi, quali un aumento di salario;
- caratteristiche intrinseche al ruolo, all’attività, ai ritmi e ai tempi di lavoro;
- mancanze da parte del datore di lavoro nel riuscire a cogliere i bisogni e le esigenze dei suoi collaboratori, di offrire loro opportunità di crescita e di formazione;
- politiche del personale inesistenti, troppo rigide o fortemente lontane da concetti attuali quali welfare aziendale e work life balance;
- incompatibilità con i capi, la cultura, i valori aziendali;
- presenza di manager o superiori autoritari, dittatoriali, incompetenti, totalmente disinteressati ai loro collaboratori con tutte le conseguenze che ne derivano, oltre che di colleghi magari troppo preoccupati di farsi notare e lodare da tali figure per riuscire a collaborare e a creare relazioni sane e costruttive;
- ambienti malsani caratterizzati da tensioni, competitività, assenza di meritocrazia e collaborazione, colmi di “zombie” che si aggirano per i corridoi o di “mine vaganti” pronte ad esplodere in qualsiasi momento;
- comportamenti illegittimi da parte del datore di lavoro, fino ad arrivare a situazioni distruttive quali quelle del mobbing, del sessismo o delle molestie.
Negli ultimi anni, il numero di dimissioni è in aumento.
Questo fenomeno, conosciuto come “Great Resignation“, è particolarmente diffuso nei paesi occidentali
Le cause di questo fenomeno sono diverse. Alcune di queste sono:
- La pandemia di Covid-19. La pandemia ha portato a un ripensamento delle priorità da parte di molti lavoratori.
- Il cambiamento del mercato del lavoro. Il mercato del lavoro è sempre più competitivo e i lavoratori hanno più opportunità di trovare un nuovo lavoro.
- Le nuove tecnologie. Le nuove tecnologie hanno portato a un cambiamento delle modalità di lavoro e a una maggiore flessibilità.
Le dimissioni possono avere un impatto negativo sulle aziende. Le aziende che perdono i loro migliori talenti possono avere difficoltà a trovare nuovi dipendenti e a mantenere la loro competitività.
Per contrastare il fenomeno delle dimissioni, le aziende dovrebbero:
- Migliorare le condizioni lavorative. Offrire stipendi più alti, migliori benefit e un ambiente di lavoro più sicuro e stimolante.
- Investire nella formazione dei dipendenti. Aiutare i dipendenti a sviluppare le loro competenze e a rimanere aggiornati sulle ultime tecnologie.
- Promuovere la comunicazione e il dialogo con i dipendenti. Ascoltare le loro esigenze e cercare di risolvere i loro problemi.
In conclusione, le motivazioni che spingono un lavoratore a lasciare un posto di lavoro sono diverse e complesse. Le aziende dovrebbero cercare di capire queste motivazioni e mettere in atto misure per contrastare il fenomeno delle dimissioni.