La cattiva Abitudine di essere in Ritardo

La cattiva abitudine di Procrastinare

Un tema ricorrente nel mondo del lavoro (ma non solo) è la procrastinazione.

Sempre in Ritardo

Alcune persone sono sempre in ritardo rispetto ai compiti assegnati. Quante volte, ad una nostra richiesta, ci sentiamo dire: “Si ok va bene ho capito” ma poi non succede niente?  Oppure ci sentiamo rispondere: “Aspetta un attimo, tra un po’ lo faccio” e poi magari non fanno nulla?

Questa frase è formidabilmente efficace nell’attivare discussioni, prese di posizione, tira e molla ecc.

Ma perché?

Ma è proprio vero che i giovani sanno prestare attenzione solo a ciò che è di loro interesse? È una cosa che riguarda solo i giovani o tocca tutti in generale?

Quante volte, dovendo interrompere qualcosa che ci appassiona, preferiremmo non rispondere? Alla fine, prevalgono però il senso di responsabilità e gli obiettivi aziendali.

Tempo e rigide Routine

In un mondo frenetico come quello attuale, il tempo è incasellato in rigide routine. Ognuno è impegnato nel raggiungere costantemente qualche target.

È normale quindi aver bisogno di “pause”, “bolle” nelle quali poter essere sé stessi, e non dover dimostrare nulla a nessuno. Ciò vale per tutti, anche se alcuni di noi sono un po’ troppo ossessionati dalle responsabilità. Forse dovremmo recuperare solo un po’ di amore per noi stessi

Un unico desiderio: fuggire

Con i ritmi attuali di lavoro, seduti ad una scrivania a rincorrere ognuno i propri target e obiettivi, è normale che le persone finiscano la giornata, con un solo desiderio: fuggire!

Ciò è vero per tutti ma in special modo per le nuove generazione. Ogni scusa è buona per evitare stress e responsabilità. Ecco perché “Aspetta un attimo”, “Dammi un momento” ecc. sono frasi sempre più comuni.

Che ne è stato dei nostri sogni?

Pensiamo a quando eravamo giovani: quali erano i nostri desideri? Cosa ci interessava e motivava? Probabilmente divertirsi era la prima nostra preoccupazione. Crescendo poi abbiamo desiderato essere professionisti di successo con un buon salario e una vita agiata. Tuttavia, non avremmo mai pensato che il lavoro avrebbe fagocitato tutto il nostro tempo senza lasciar spazio ad altro.

Perché i ragazzi oggi dovrebbero essere diversi? Pur comprendendo tutto ciò, abbiamo la tendenza a seppellirli di richieste, a casa e al lavoro.

Perchè tormentiamo i più giovani?

Succede infatti che, quando ci rendiamo conto che non hanno da fare, iniziamo a tormentarli con qualche richiesta, come se ci desse fastidio vederli inattivi. Ed in effetti è così. Non tolleriamo vedere altri tranquilli mentre noi passiamo da una call all’altra senza respiro.

Ma il problema non è dei ragazzi. Il problema è nostro e noi abbiamo il dovere di non scaricarlo su altri.

Imparare ad insegnare

Il nostro lavoro come “mentori” è quello di aiutarli. Dobbiamo allenarli a organizzare il proprio tempo. Dobbiamo insegnargli come gestire l proprie attività in modo da non andare in affanno. Non è un compito facile.

Le nostre richieste dovranno essere inizialmente commisurate alle loro competenze ed esperienze.

Dare l’esempio

Questo significa che ci saranno compiti che non sarà possibile delegare. Di conseguenza alcune attività dovranno essere da noi portate a termine in prima persona. Siamo disposti a farlo?

Mettiamo da parte il nostro orgoglio! Qui il premio in palio è formare collaboratori che saranno in grado di raggiungere in autonomia gli obiettivi fissati. Di sopportare responsabilità ed impegni crescenti.

Definiamo subito compiti e responsabilità

Quindi definiamo con loro quali saranno i loro compiti e le loro responsabilità. Le persone in genere sono più collaborative quando possono dire la loro su cosa fare e se possibile, quando farlo.

Naturalmente sarà necessario ricordare loro quanto stabilito. Come manager dovremo assicurarci che i compiti assegnati vengano svolti nei tempi pattuiti. Dovremo intervenire laddove ci rendiamo conto che qualcosa non va.

Apprendere per prove ed errori

È un metodo che richiede impegno e pazienza. L’apprendimento è un processo che avanza per prove ed errori. La sua efficacia supera di gran lunga metodologie basate sul terrore o l’imposizione.

Imporre a qualcun di fare qualche cosa, garantisce forse risultati nell’immediato, ma la sua l’efficacia è limitata nel tempo: cessata l’imposizione smetteremo di far ciò che ci è stato richiesto.

Che fare?

Quindi se vuoi che qualcuno faccia quello che gli chiedi smettila di continuare a ripetergli cosa deve fare e prova a:

  • Cattura la sua attenzione e fagli vedere cosa deve fare e come lo deve fare
  • Non lamentarti con i tuoi colleghi che devi fare tutto tu!
  • Chiederti se le tue richieste sono sempre necessari (magari abbiamo solo bisogno di alimentare il nostro ego)
  • Segnare tutte le volte che un collega ti chiede qualche cosa ma tu gli rispondi che non hai tempo
Gianluca Suardi

Gianluca Suardi

Sono nato a Milano e dopo aver conseguito un diploma ad indirizzo tecnico, ho studiato psicologia presso la Facoltà degli Studi di Padova e mi sono laureato in Psicologia del Lavoro nel 1996. La mia passione per le Risorse Umane, mi ha portato prima a lavorare per alcune società di Ricerca & Selezione di Personale come Recruiter. Nel 2010 fondo GSXecutive. Ci occupiamo di Ricerca e Selezione di Personale, Consulenza Aziendale e Coaching, Teambuilding. Attualmente iscritto all'Ordine degli Psicologi della Lombardia e all'Asnor (Associazione Nazionale Orientatori), nel 2024 conseguirò la qualifica di Coach accreditato ACTP con ICF- International Coaching Federation

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